Ricordo che alle scuole medie se un ragazzo -si fa per dire- voleva stare con una ragazza -si fa per dire- la dinamica, il protocollo, l’iter, insomma quello che andava fatto se volevi essere un tizio corretto, era consegnare un bigliettino alla fanciulla desiderata, con la classica domanda “Vuoi stare con me?” seguita da tre papabili risposte:
sì
no
ci penso
Immaginate se oggi, nella versione adulta della faccenda, esistesse un anello da donare alla ragazza amata o da amare che rappresentasse quel bigliettino là. Un anello che non sia l’ufficializzazione di un fidanzamento (quello avviene in un momento successivo e soprattutto richiede un brillocco) e nemmeno la celebrazione del matrimonio (per questo invece va bene la fede, classica o no, ma che fede sia).
Cioè, ti sto dicendo che mi voglio impegnare a stare con te, a frequentarti, ma veramente, non tanto per fare ginnastica. No, non è proprio proprio un fidanzamento, non è un matrimonio, non è nemmeno un vediamoci se capita, improvvisiamo, ci becchiamo in giro e tutte quelle amenità che conoscete.
Ecco, se esistesse io lo chiamerei l’anello di frequentamento.
Non saprei se negli iter di accoppiamento standardizzati della ridente cittadina l’anello di frequentamento potrebbe essere una bella novità o se in quelli destrutturati della big city una rottura di cojoni.
So però che se l’anello in questione fosse un pezzo unico, vintage ma soprattutto vintaz, beh allora la risposta da barrare non potrebbe che essere sì.
Eh vabbè, ma con tutte queste frasi ipotetiche alla fine dovrebbe dirti proprio un gran culo
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