Sono eccessiva se vi dico che non mi piacciono troppo i bambini degli altri? Cioè, non mi piacciono incondizionatamente.
Diciamo che non sono di quelle che se incontra ad esempio un duenne comincia a emettere gridolini senza senso e a vederlo per forza bello, dolce, simpatico, meraviglioso.
I bambini sono piccoli adulti ai miei occhi. Perciò può essere che mi stiano anche sulle palle, e che a volte li trovi pure bruttini. Succede così nel mondo dei grandi.
Può anche capitare che me ne innamori follemente, succede anche questo. Per un paio che conosco, ad esempio, mi taglierei una mano.
E così, premesso questo, vi racconterò, senza la presunzione di voler tracciare un modello educativo che non ne sarei proprio in grado, cosa vedo io quando, soprattutto nella ridente cittadina, una ragazza diventa madre. Soprattutto una di quelle che ha seguito roboticamente tutto il copione del 3.
Si innescano alcuni meccanismi mortali.
Il primo: la passeggiata, detta vasca, il sabato mattina in centro.
Un rito, un immancabile appuntamento, una sfilata di carrozzine, passeggini, bambini, mamme tronfie e papà annoiati che fanno su e giù su e giù. Li osservo, da anni.
E li guardo divertita quando si incrociano con quelle coppiette che, per fare tutte le cose “come devono essere fatte”aspettando il tempo del 3 e tutto ciò che ne consegue, nel frattempo si sono prese un cane. Cane che, nonostante tutti gli sforzi e le attenzioni profuse per trasfigurarlo in qualcosa di simile a un piccolo essere umano, non può reggere il confronto.
Per non parlare di quando si incrociano tra loro, le mamme tronfie carrozzinate e vestite bene, da sabato mattina. Quello è un momento esilarante, perchè si sono già avvistate da lontano, e già hanno cominciato a sistemare il bambino, e lucidare tutto l'equipaggio di passeggini e accessori vari in modo da essere competitive. Si odiano, è ovvio. Ma non lo danno a vedere. E quindi giù con sorrisi smaglianti, bambino sempre più in mostra, occhiate micidiali (per capire come mai l'altra ha il bambino più griffato o il biberon più fico). Mettono in atto tutti quei comportamenti da animaletti curiosi che si studiano, tipo quelli che si annusano il culo -scusate ma qua ci stava- .
Comunque mi sono già arresa. Non ho infatti molto da aggiungere su questo: fa parte di quelle cose non modificabili della vita, come il ciclo sonno-veglia, l’alternarsi di sole e luna, uscire il venerdì sera con gli amici e il sabato con il fidanzato. È un assioma. È così, punto e basta.
L’altro meccanismo è quello di chiudersi in casa-non il sabato mattina- e trattare questi bambini come delicatissimi trofei da tenere sotto una teca e riempire di attenzioni.
Oddio, questo succede anche di là, ma soprattutto di qua.
Mi spiego: se tu donna e non solo madre hai una mezza idea di continuare a condurre un’esistenza normale, tipo andare a un concerto, uscire con un’amica, prenderti un’ora di pausa, sei tendenzialmente vista come una madre degenere, una che abbandona il bambino e sta in giro a sbevazzare. Sei vista così dagli altri e ancora prima da te stessa.
Una madre allo sbando, una stronza.
Non ti sfiora nemmeno per l’anticamera del cervello a te madre e magari anche a te padre-ci sei? Batti un colpo- nei limiti del possibile, mi rendo conto, di fare, che so, un aperitivo? Un brunch? Un giro? con creatura e amici. Eh no, le cose vanno tenute divise.
Non sia mai che poi questo bambino impari a stare con gli altri.
Capisco che i bambini devono stare con i bambini, ma anche se gli amici in questione non hanno figli forse si può trovare una soluzione. E invece no, soprattutto se gli altri non hanno figli, sei automaticamente tagliato fuori da tutto e ti tagli fuori. Non si capisce più se sia nato prima l’uovo o la gallina. La gente, nella ridente cittadina, sa essere anche molto cattiva.
Nella big city, forse per contrastare l'eccesso di grigiore, può invece ancora capitare di incontrare neo genitori con prole e amici senza. E di vederli in contesti che non siano solo e necessariamente il parco o le giostre. Succede che poi tu, mammina, non stai tutto il tempo a guardare sto bambino, apprensiva e preoccupata, magari lui impara anche a farsi gli affari suoi, se finalmente smetti di soffocarlo.
E allora capita di andare a un compleanno all’Isola dove poi non ti importa più se alcuni degli invitati hanno 5 anni, a concerti con figlia-non mia- e amici vari, al brunch al Frida dove magari quella alla tua destra si beve il succo alla pera e quello a sinistra una media chiara, e va bene così.
Detto ciò, il limite tra libertà di espressione della creatura e maleducazione dei genitori è molto molto sottile, in questi contesti. Ma è un’altra storia. Nel mio caos esistenziale ecco quindi che mi limito a fare la zia acquisita (per pochi elettissimi, anzi elettissime da me adorate) e per ora sto serena.
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