Ore 21.45. Occhiaie d'ordinanza, lunedì sera, appena uscita dall'ufficio. Già la premessa fa capire che c'è qualcosa che non va. Taxi per tornare a casa (sì, perchè il motorino ha ben pensato di lasciarmi a piedi proprio sabato pomeriggio). Tassista simpatico. Uno di quei chiacchieroni che non hai proprio voglia di ascoltare, in quelle condizioni lì, con la faccia sfatta, l'umore sotto terra, la stanchezza che ti divora, l'amarezza di trovarsi a 31 anni ridotte così, e la rabbia di non essere al corso di teatro, ancora, per l'ennesima volta, per colpa di un lavoro inutile che troppo spesso premia gli arroganti (meglio se uomini, ovviamente).
Però, ecco, lui è gentile; un vecchietto di origini pugliesi, che se avesse potuto se ne sarebbe scappato dalla Big quarant'anni fa.
Cominciamo a parlare, l'unica voce gentile della giornata. Mi dice subito una cosa (superfluo chiedersi perchè): lavorate troppo. Rispondo che sì, è allucinante, è soffocante, è distruttivo. Non si vive bene, e non lavori nemmeno bene, perchè non puoi costruirti una vita privata che sia una, e quindi sei frustrato, e quindi lavori male e il ciclo è infinito.
Lui aggiunge che si diventa maleducati. Mi racconta qualche aneddoto a proposito di clienti incattiviti, soprattutto donne "perchè voi donne a Milano diventate aggressive per colpa di questa vita"; ribatto che io non sono della Big, ho altre origini anche se ormai chissà più dove sono finite.
Ma lui sostiene che non c'entra, chi arriva qua prima o dopo si trasforma.
E non si stupisce più, dice, di quanto sia brutto vedere che non c'è amore nella Big.
"Non ce' amore?" chiedo.
Mi sostanzia la sua affermazione raccontando che quando era giovane lui le coppie si baciavano per strada a Milano, che al cinema si limonava anche in prima fila, che si andava nelle sale da ballo e si invitavano le ragazze a improvvisare lenti romanticissimi, che le donne avevano gonne meravigliose e avvolgenti e non i pantaloni, come invece usa oggi. Ora lui sul suo taxi e per strada vede solo donne abbrutite, nervose, aggressive, alle quali non si può parlare per paura di ricevere una rispostaccia al posto di un sorriso.
E poi aggiunge il carico da 90: anni fa, tanti anni fa, aveva sentito un'intervista a Memo Remigi, interprete della canzone Innamorati a Milano. Alla domanda "perchè una canzone sull'amore a Milano?" Memo rispose "Perchè a Milano è difficile innamorarsi".
Sapessi
com'è strano
sentirsi
innamorati
a Milano
senza fiori
senza verde
senza cielo
senza niente
fra la gente
tanta gente
Arrivata.
Pago.
Sospiro.
E lui aggiunge"Signorina, lei però ha la gonna".
...
Peró Memo Remigi evidentemente non frequentava i vivai, dove a volte s'incontrano coppiette che si baciano tra le piante quasi fossero ai jardin des tuileries.
RispondiEliminaA Milano terrazzi e balconi sono piú belli di quelli di Roma.
tu, invece sorridi.
RispondiEliminaio, invece, sorrido.
siamo già in due :)
http://youtu.be/P5hTmw_ZKVo
RispondiEliminaC'è anche la versione cantata dalla Vanoni.
RispondiEliminaMa qua si parlava di Memo.
c'è anche questa di Mancino, che ne riprende il titolo del tuo post
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=9grVpL3rwiY
che bella, grazie.
RispondiEliminaquesto invece è un adattamento cinematografico del testo di Remigi. Ne converrai che la nuova ambientazione esalti la modernità del concept originale.
Eliminahttp://www.youtube.com/watch?v=wZJ0TP4nTaE
è incredibile come in certi film ci sia sempre l'happy end. sono film, infatti. non realtà. anonimo, se vivi in un film rimarrai sospeso.
RispondiEliminaEcco perchè preferisco i documentari, ma vabbè. In ogni caso, ti ringrazio molto per il consiglio, lo terrò sempre a mente pensando a Memo Remigi o guardando un film di fantascienza da domenica pomeriggio. Nel frattempo per fortuna c'è X-Factor che in un modo o nell'altro finisce. Ah, la serialità.
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